Inchieste

Musei lucani: l'acqua è poca ma la papera galleggia!



Tags: musei lucani; Basilicata; MiBac; Potenza; Venosa; Grumento; bellezza

Ci eravamo lasciati con la notizia dei musei del materano nei quali, a causa dell’assenza di fondi del Ministero, vi è impossibilità di assumere altro personale addetto alla custodia e alla salvaguardia delle strutture museali e, pertanto, tutti gli altri dipendenti si trovano nelle condizioni (non ancora chiare) di dover turnare per ovviare al problema. Bene: non diversamente se la passano, nel potentino, il museo di Grumento e Venosa. A dircelo è proprio il dott. De Siena, Soprintendente per i Beni Archeologici: “Fatta eccezione per il Museo Nazionale di Potenza, che conta un organico sufficiente, nel potentino sono i musei di Grumento e di Venosa a riscontrare il problema della turnazione degli addetti alla sicurezza e alla salvaguardia delle strutture”. A differenza di quanto ci fu detto confusionariamente da alcuni dipendenti dei musei materani, il dott. De Siena spiega in maniera limpida che, per ovviare al disagio, è stato coinvolto tutto il personale, a cui è stato chiesto di sobbarcarsi, con un po’ di sacrificio, quest’impegno e di turnare tra di loro.

E se questo può apparire come un vero e proprio lato negativo, di contro fanno ben sperare e sono illuminanti i dati riguardanti l’affluenza di visitatori nei musei potentini (Archeologico Provinciale di Potenza, Archeologico Nazionale di Potenza, Archeologico di Venosa) nel corso del 2013. Che le cose vadano bene, lo si avverte dalla raggiante voce della Direttrice del Museo Provinciale di Potenza, dott.ssa Maria Cristina Caricati: “Pur non essendo direttamente dipendenti del Mibac ma dell’Ente Provincia, il nostro museo è vivo perché lo interpretiamo come un luogo vivace e non prettamente di conservazione. Abbiamo registrato un notevolissimo aumento di ingressi nell’ultimo anno, abbracciando principalmente il target scolastico-universitario oltre poi a quello turistico nazionale ed internazionale. Reggiamo bene alla crisi (seppur si senta anche nel nostro settore, ed è innegabile), organizzando attività convegnistiche, laboratori archeologici e addirittura abbiamo studenti stranieri a studiare i nostri reperti”. A confermare quanto detto dalla dott.ssa Caricati, il direttore del Museo di Venosa ci comunica che è stato registrato addirittura un incremento del 10% dello sbigliettamento rispetto agli anni passati, merito – ci dice- della positiva offerta culturale.
In barba a chi pensa che siamo il cimitero dell’arte e della cultura, sfoggiamo un sorriso smagliante di fronte a tanto entusiasmo da parte degli operatori del settore perché, sebbene ogni lavoro debba essere ricompensato con la giusta retribuzione, tutti (e a tutti i livelli) si stanno impegnando a tenere aperte le strutture museali, a programmare eventi attrattivi e a gestire nel migliore dei modi le attività culturali. Ecco, la Lucania non è solo petrolio. La nostra più grande ricchezza è la cultura: non solo quella conservata nelle teche ma anche quella umile ed entusiasta stirpe lucana che tiene in vita tutto ciò che la Basilicata possiede.


Francesca Avena




Niente stato di calamità: il Governo ci esclude. Una risaia ci seppellirà.




Tags: Bakunin; pioggia a catinelle; alluvione; Sardegna; Basilicata; Lucania; patto di stabilità; royalties; petrolio.

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"Sono stati dichiarati due stati di emergenza per contrastare i danni causati da eccezionali eventi meteorologici che hanno colpito la Toscana il 20, 21 e 24 ottobre scorsi, nonché i comuni di Ginosa, Castellaneta, Palagianello e Laterza (Taranto) nei giorni 7 e 8 ottobre." Sì, lucani di Lucania, questo è quanto stabilito dal Consiglio dei Ministri. Dobbiamo sbrigarcela da soli. A Roma l'alluvione che ci ha colpiti nel 2011 e a ottobre scorso (con tanto di vittima), sembra che non sia pervenuta. 
Una risaia ci seppellirà. Parafrasare liberamente un motto anarchico è quantomai opportuno sotto questa luna: risaia, liberamente e anarchico non sono parole scelte casualmente. La capitaneria lucana a Roma sbaglia ancora: chìssene dello stato d'emergenza, meglio concentrarsi sulle “X”(iks) di chi crede ancora che in Basilicata vada tutto bene e non ci siano problemi da trent'anni a questa parte (trent'anni, per essere generosi). La capitaneria lucana a Roma ha fallito, proprio il giorno dopo l'arruolamento del nuovo capitano in Lucania. E vorremmo sentirle, adesso, quelle iks, e vorremmo sentire anche le risate della nuova anarchia lucana, di coloro cioé che hanno lasciato carta bianca ai positivismi e ai positivisti, forse per disinteresse, per disillusione, per disaffezione alla politica - come piace dire a molti -, o forse semplicemente per smarrimento dopo la dipartita del capostipite di casa, Emilio Colombo.

Con la dichiarazione dello stato di calamità si sarebbe potuto procedere a svincolarsi dal Patto di Stabilità e quindi all'investimento delle royalties del petrolio in interventi di prevenzione del rischio idrogeologico. Invece niente, facciamo la parte dei figli di quel Dio minore che, fermatosi ad Eboli, si è pure accorto di aver smarrito la carta carburante di quest'anno e da noi proprio non ce la fa ad arrivare. Nè tantomeno possiamo sperare nel profano, in quel grande occhio in cima alla piramide che potrebbe vigilare sui provvedimenti (orbo monocolao!) e difendere la regione che ospita una premiatissima candidata capitale della cultura e un popolo con tanta voglia di crescere e di contribuire a risollevare le proprie sorti. Stringiamoci attorno alla Sardegna col silenzio che ci contraddistingue. Consapevoli che mai riceveremo né attenzioni né sostegni economici e che se vogliamo ripristinare lo stato delle cose dobbiamo indossare stivali e munirci di pale. La natura è ciclica. Una risaia ci seppellirà.
Francesca Avena


Musei lucani: la polvere ha parlato




Tags: musei lucani; Ridola; MiBac; Dudù; Swiff; John Fante; fondi europei; Matera; Metaponto.

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Mentre le testate nazionali sono impegnate a raccontare di quante volte il cane Dudù lecca i piedi a B. per svegliarlo o di quanto e come il politico candidato di turno possa contribuire alla buona riuscita di nuovi (ma sempre uguali) programmi elettorali, Basilicon Valley s’impiastriccia le mani con questioni importanti come la tutela dei beni artistici e culturali della Basilicata.  La settimana scorsa ci è stato segnalato (e presentato come un vero e proprio disagio) il problema della carenza di fondi destinati alla gestione del personale addetto alla sicurezza e alla salvaguardia dei musei. In particolare, ci è stata data notizia che nel Museo Nazionale “D.Ridola” di Matera non ci fossero soldi sufficienti per retribuire le diverse unità addette alla sua sicurezza e che, pertanto, l’unico addetto venisse sostituito con spirito di volontariato, a turnazione, da altri dipendenti del museo stesso. BV ha voluto accertare la veridicità della notizia e quindi sono stati contattati il Museo Ridola, il Museo di Metaponto e la Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici e Antropologici della Basilicata.
In prima battuta la notizia è stata smentita, con palese sentimento e atteggiamento di scetticismo nei nostri confronti. Dal Museo Ridola, infatti, ci hanno fatto sapere che è tutto in regola e che, probabilmente, dalla Soprintendenza per i Beni Storici avremmo potuto avere le risposte che cercavamo. Abbiamo contattato quest’ultima e qui la versione è stata diversa:  “Non è – ci hanno detto - un problema di soldi, bensì di assunzione del personale. In tutto qui siamo un’ottantina di unità, venti delle quali addette alla vigilanza e dislocate in diverse sedi”. A parlare è proprio una delle addette alla sicurezza che non smentisce affatto la notizia arrivataci: “Sì, è vero: siamo noi a turnare pur di non lasciare vacanti i posti. Lo facciamo con spirito di sacrificio ma non ci pesa affatto”. E quando le abbiamo chiesto come mai nessuno si sia mosso per risolvere il problema, la risposta è stata: “Dovete domandarlo al Ministero”.
Per ulteriore verifica, abbiamo contattato il Museo Archeologico Nazionale di Metaponto. Anche da questi la notizia è stata confermata e proprio da una delle addette alla vigilanza: “Posso dirle  che sì – risponde sorridendo, quasi incredula di un interessamento nei loro confronti -, turniamo per sopperire alla carenza di personale, ma non mi chieda altro”. La nostra curiosità ci spinge a voler scoprire se questi turni aggiuntivi/straordinari vengano riconosciuti economicamente o meno e scopriamo che sì, sono regolarmente retribuiti.

La confusione è palese. O si vuol coprire un po’ di polvere o si teme qualcuno/qualcosa. Eppure (e glielo si è fatto notare) qui l’intento è unicamente di dar voce a queste persone e ai loro diritti. Ricordiamo, inoltre, che la Basilicata ha da rendicontare  circa 284 milioni di Euro di fondi europei entro il 31 dicembre: cifra composta da 147,3 milioni del programma FESR, 76,4 milioni del FSE e 50,3 milioni del FEASR (dati Servizio Politiche Territoriali UIL), che la regione deve necessariamente spendere per evitare il rischio di disimpiego degli stessi. Parte di questi fondi poteva essere destinata a un progetto di inserimento nel mondo del lavoro di giovani, per esempio, laddove vi fosse carenza di personale. A maggior ragione in quei luoghi storico-culturali di interesse pubblico. Evidentemente, come consuetudine vuole, in Basilicata tutto ciò è difficile da realizzare.



Francesca Avena






7 novembre 2013
Musei lucani? Chiedete alla polvere

Tags: Ridola; Matera; Matera2019; Luca Sardella; fagioli; Bill De Blasio; Grassano; NY; Babbà

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Ce ne sono 6 nel potentino, 3 nel materano. Parliamo di musei archeologici, quelli che la cultura storica della nostra regione dovrebbe promuovere e su cui dovrebbe essere impeccabile nella strategia di marketing turistico. Basilicon Valley si è ripromesso di fare un giro per i musei e capire in che stato versano. Vi proporremo quindi, nei prossimi giorni, tutto ciò che abbiamo raccolto in merito. Per adesso, dire che siamo indietro, molto indietro, rispetto alle altre nazioni del mondo, è dire poco. Non basta esaltarsi quando girano una puntata di Easydriver lungo le strade della Basilicata.  O quando LineaVerde,  la domenica all’ora di pranzo, manda in onda la sagra del fagiolo di Sarconi o quella del pomodoro di Palazzo San Gervasio o del caciocavallo podolico e i Sassi di Matera visti dall’ elicottero (“Guarda che posti che abbiamo, che colori, quanta tradizione!”). Elogiare la nostra altissima percentuale di beni storico-artistico-culturali e limitare il tutto a questo vuoto e provinciale pavoneggiarsi, non ci porta da nessuna parte.
C’è bisogno di svegliarsi: i musei lucani raccontano  civiltà preistoriche e neolitiche, insieme anche a quella greca e quella romana. In pochi sanno, probabilmente, che lo stato di salute dei musei della nostra regione non ci fa onore. Parrebbe, per esempio (e di questo vi daremo presto conferma o smentita), che al Museo Nazionale “Domenico Ridola” di Matera (sì, il museo di punta della città candidata a Capitale Europea della Cultura 2019), non ci sia sufficiente moneta per retribuire una normale turnazione di custodi: tocca spesso ai dipendenti  e funzionari fare turni straordinari e, per mera beneficenza, sostituirli quando sono in ferie. Una condizione inaccettabile.
Ma  le teche  sono lì, a raccontarci e ricordarci che la nostra storia è viva e che neppure i millenni e le intemperie l’hanno spazzata via, che i nostri antenati sono stati bravi a conservare tutto, proprio tutto, sebbene noi sembriamo pronti a dimenticarlo.
Vittime e carnefici, popolo da divano e sudditi dello schermo televisivo. D’altronde l’abbiamo dimostrato anche con la freschissima elezione del sindaco di New York: in genere si dice sia preferibile essere cugini alla regina piuttosto che fratelli del re. Evidentemente tanta scaltrezza i lucani non ce l'hanno, oppure semplicemente non hanno saputo catalizzare un momento di vanto, occasione più unica che rara. Stiamo parlando appunto dell'elezione del nuovo sindaco di New York, Bill De Blasio, nipote di nonno campano e di nonna lucana (precisamente grassanese). I campani, che con noi lucani spesso condividono malefatte politiche e cattiva gestione della cosa pubblica, questa volta ci hanno messo la pietra nel pacco e hanno fatto dell'elezione di Bill motivo di vanto, orgoglio e babbbbà inzuppati. Noi invece abbiamo assistito dal comodo Chateau d'ax, telecomando alla mano e schermo piatto come il nostro entusiasmo, alla notizia dell'elezione. I santagatesi si sono attrezzati di kit elettorali, magliette, adesivi e si sono riuniti per seguire lo spoglio, con tanto di fotografo e giornalista a supporto. Sfaccimm!


Francesca Avena


31 ottobre
Frana nello Jonio: allarmismo e poco più

Tags: Jonio; frana; bolidi pazzeschi; Barbara D'Urso; Apocalisse; trivellazioni; Cassandra 

tempo di lettura: 3 minuti e mezzo precisi precisi 

Hieronymus Bosh

Basta un po di curiosità per rendersi conto di quanto la realtà mediatica differisca da quella effettiva. Un titolo accalappiacopie o accalappiaclick può presentare un fatto nel modo esattamente opposto a quello che è: così una mega frana nello Jonio: lallarme degli esperti  - notizia presentata nuda e cruda in queste poche parole (le scriveva Meteoweb.it a fine settembre) – può sembrare il peggiore dei pericoli in agguato. Apocalisse, distruzione, uomini malvagi e ritornelli a cui è difficile restare indifferenti (dopotutto, anche se la crisi dell’uomo del Novecento ci ha resi cinici e individualisti, lo spirito di autoconservazione lo abbiamo ancora e pure ben intatto).
Il dubbio è un dovere: per questo, dopo aver letto annunci devastanti come quello di cui sopra, noi di Basilicon Valley abbiamo voluto capirci di più e sapere se davvero la situazione sia grave come viene raccontato. Abbiamo interpellato il professor Marcello Schiattarella, docente di Geografia Fisica e Geomorfologia dell'Università di Basilicata.  I nostri sospetti erano fondati: dallintervista è venuto fuori che si è trattato di un immotivato allarmismo all'italiana (quello tipico del grillino da palcoscenico o del barbaradursino errante per lo Stivale, per intenderci).  "Mega landslide": si chiama così, in termini tecnici, la mega frana individuata da ricercatori italiani nei fondali del mar Jonio e di cui è stata prodotta una pubblicazione su una rivista internazionale. Immediatamente dopo, ad avvalorare la tesi (giornalistica) della pericolosità del fenomeno era stata l'ipotesi di future nuove trivellazioni nel terreno lucano. Nulla di fondato, a detta del professor Schiattarella:  la frana sottomarina avviene anche in altre regioni geologiche del mondo - e nello specifico in tutte quelle aree in cui viene registrata una normale attività delle catene montuose: per questo è importante ridimensionare i termini (o usare quelli appropriati) con cui si parla di quest'argomento.
Nellanalisi dei fenomeni franosi sottomarini, gli elementi imprescindibili da cui dipanare la costruzione di tesi e ipotesi, sono tre: dinamica dello strato sottomarino,  dimensioni dei corpi attivi e velocità con cui si muovono (quest’ultimo, nel nostro caso specifico, è quello più rilevante). La “mega landslide” ballerina dello Jonio, si sposta dagli  0,5 agli 0,7 millimetri all'anno: un movimento che rientra in parametri del tutto del normali. Per ridimensionare lallarmismo cui si è soliti ricorrere, come ha tenuto a chiarire il professor Schiattarella, è necessario allora prendere coscienza del fatto che  vivere in un Paese geologicamente attivo ci espone di per sé a fenomeni di questo tipo, che – resta innegabile – hanno una pericolosità intrinseca. Dopotutto, “siamo insediati su orogeni attivi che si stanno innalzando e deformando", ha detto Schiattarella.
"A dover tenerci in allerta  ha aggiunto il professore - sono i metodi con cui vengono costruite le città e le infrastrutture, insieme alla strutturazione delle strategie urbanistiche”. Qualche esempio? Il catastrofico terremoto in Val dAgri, che nel 1857 rase al suolo interi comuni o quello dell’ Irpinia nel 1980. In conclusione, il messaggio del prof. Schiattarella ci impone una riflessione ben più profonda: "E' la politica che deve sentirsi allarmata dalle crisi idrogeologiche.
Già, perché non dobbiamo dimenticare che spesso gli interessi di palazzinari o di uomini dal cemento facile sono più distruttivi di qualsiasi fenomeno naturale. In questo senso la politica e le amministrazioni devono impegnarsi a stabilire una cultura ambientale.
L’informazione, invece, deve riflettere sull’importanza di gestire in modo responsabile le notizie, distinguendole dalle supposizioni e dalle concrezioni che non poggiano su dimostrazioni scientifiche precise. La natura non è una matrigna, accusa ogni colpo e reagisce di conseguenza, ma su quelle conseguenze non si può costruire una pseudo-scienza, da sventolare in campagne di rifiuto aprioristico dei dati reali. Le trivellazioni dell’Eni non ci piacciono, certo, ma per ora i dati reali dimostrano che la frana nello Jonio è un fenomeno che ha un’eziologia che non le riguarda e che quindi non ne verrà influenzato. Crediamo sia una buona notizia. 

Francesca Avena


17 ottobre 2013


Una rassicurante immagine dell'alluvione del 2011, che sommerse le Tavole Palatine. Quest'anno, invece, la parte più danneggiata è stata l'agorà, sempre nel parco archeologico di Metaponto. Almeno il criterio dell'alternanza funziona...




Chi si è magnato la Magna Grecia? 

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Tags: Pitagora; capretti; Metaponto; Magna Grecia; Bray; spocchia

“Proprio pochi giorni prima del nubifragio della scorsa settimana, i tecnici della Regione interessati alla tutela e alla salvaguardia avevano terminato degli interventi lungo la foce del Bradano”. Abbiamo raggiunto telefonicamente il Dott. Antonio De Siena, Soprintendente dei Beni Archeologici della Basilicata, che con gentilezza e disponibilità ha risposto alle nostre domande. Come detto pocanzi, proprio qualche giorno prima dell’allagamento, i tecnici avevano protetto le parti del territorio a rischio, tant’è vero – assicura De Siena - che in quegli stessi punti il Bradano ha retto alla perfezione. Cosa non ha funzionato, allora? Perché il Parco Archeologico di Metaponto è rimasto sommerso da acqua e fango?
Gli abbiamo chiesto se questo tipo di perizie debba avvenire con scadenze mensili, annuali o random. De Siena ci ha risposto che dall’alluvione del 1911 il territorio è continuamente monitorato. La domanda resta insoddisfatta: cosa non ha funzionato, allora? Perché il Parco Archeologico  e tutta la zona del metapontino sono rimaste sommerse da acqua e fango? Non abbiamo competenze tecniche, quindi ci restano due vie: la ricerca e l’immaginazione. Dal momento che abbiamo promesso di lasciare i capri espiatori al pranzo di Pasqua, qui di seguito vi forniamo un link interessante (www.commissariostraordinariorischioidrogeologico.basilicata.it ) in cui viene data notizia della sottoscrizione di un Accordo di Programma in data 14 dicembre 2010 tra il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e laRegione Basilicata.
L’accordo aveva ad oggetto la “programmazione e il finanziamento di interventi urgenti per la mitigazione del rischio idrogeologico da effettuare nel territorio della Regione Basilicata”, la cui priorità era  la “salvaguardia della vita umana (sic!) attraverso la riduzione del rischio idraulico, di frana e di difesa della costa, sia mediante la realizzazione di nuove opere, sia con azioni di manutenzione ordinaria e straordinaria” . Analizzando il documento in questione, la copertura finanziaria totale del fabbisogno ammontava a 26, 935 mln di Euro, di cui 20,200 mln del Ministero e 6,735 mln della Regione, rientranti nel Programma Operativo del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (PO FESR). Per l’attuazione di questi interventi, tra l’altro, i sottoscrittori si sono avvalsi “di uno o più commissari straordinari” e di un “Comitato di indirizzo e controllo dell’Accordo”1 (quest’ultimo senza oneri a carico  dell’Accordo stesso, ndr).
Ricercando sul webdell’avvenuta realizzazione di questi interventi non c’è traccia. E anche se ve ne fosse, non sarebbe sufficiente a soddisfare la nostra domanda, perché si presume che, trattandosi di “interventi urgenti”, questi siano stati effettuati a distanza di poco tempo dalla sottoscrizione dell’Accordo. Il nubifragio ha fatto una vittima e danni non ancora stimati. Quindi o siamo poco informati o non sappiamo ricercare notizie. Vorremmo, a questo punto, che qualcuno illumini la nostra sete di conoscenza.
 Nel frattempo, nonostante l’appello del Quotidiano della Basilicata al Ministro Bray affinché salvi Metaponto, da Roma non è arrivata nessuna risposta concreta.  In compenso, il Dott. De Siena ci ha detto che “Il Ministro Bray è quotidianamente in contatto con noi, chiede informazioni su come stanno andando i lavori e a che punto siamo.Le decisioni che prenderà non le conosciamo”. 
A proposito di Bray, ricordiamo che qualche settimana fa il ministro è stato a Matera e fonti ci riferiscono che ha rimproverato una dirigente del Ministero, perché indossava una spilletta di Matera2019, facendole notare che un funzionario statale non può, nell’esercizio delle sue funzioni, “fare il tifo” per una città italiana piuttosto che per un’altra (non sia mai che a Urbino o a Reggio Calabria si risenta qualcuno). Visto che è così puntiglioso con il lavoro degli altri, sarebbe giusto che lo fosse anche con il suo, dando qualche segnale concreto (il Quotidiano della Basilicata non ha ancora ricevuto una risposta all’appello “Salviamo la Magna Grecia”, per esempio).
Per chiedere scusa a Pitagora, che starà subendo tutto ciò rivoltandosi nella tomba, citiamo uno dei suoi versi aurei: “Di quei mali, che per demoniaco destino toccano ai mortali, con animo calmo, senz'ira sopporta la tua parte pur alleviandoli, per quanto ti è dato: e ricordati che non estremi sono quelli riservati dalla Moira al saggio.”

1   1 Coordinato dal Direttore Generale per la Tutela del Territorio e delle Risorse Idriche del Ministero o da un suo delegato e composto da un rappresentante dell’Assessorato regionale Infrastrutture, opere Pubbliche e Mobilità e da un rappresentante del Dipartimento della Protezione Civile.


   Francesca Avena





13 ottobre 2013 




La Basilicata fa acqua da tutte le parti? 

Tags: Pantone; Protezione Civile; All Saints; Sanniti.

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Quattro fiumi azzurri su sfondo argento. Un blu pantone2945, di un “simbolismo chiaro e significativo”. Così la Legge regionale 12/1973 istituiva lo stemma della Regione Basilicata.  Di chiaro e significativo è rimasto ben poco: i fiumi esondano, disintegrando i confini ben delineati e invadendo lo sfondo argentato dello scudo sannitico. Il blu pantone2945 diventa marronefangoesangue1959, marronefango2011, marronefangoenero2013. Un paradosso, ricercare notizie riguardanti gli eventi alluvionali di 50 anni fa e rivivere i momenti del 2011 e della scorsa settimana. La Basilicata piangeva undici morti, anche oggi ne piangiamo uno. Nel corso di questi cinquant’anni, il susseguirsi di sigle politiche al Governo regionale è stato in grado di costruire scrivanie e tavoli d’oro per figli di una terra asservita ma non è stato in grado di regolamentare e curare il terreno su cui posizionarli. 50 anni in cui nessuno è stato in grado di pianificare un intervento serio o un quadro di azioni, che andassero a mitigare il rischio idrogeologico. Eppure dal 1959 ad oggi i mezzi di previsione di questo rischio si sono evoluti e sono alla portata di tutti: è noto che la percentuale di rischio sia aumentata, che nel frattempo le attività dell’uomo siano diventate più concentrate, che le reti urbane e le strutture di collegamento tra esse si siano ampliate e con queste la densità di popolazione. Il terreno su cui siamo subisce maggiori sforzi. A  non essere cresciute, però, sono l’informazione e la sicurezza; prevenzione ed emergenza, invece, si rincorrono come un cane che si morde la coda.
 Le calamità naturali lucane hanno sepolto vittime, ma hanno lasciato in vita il resto della popolazione; questo il dato oggettivo. Il dato soggettivo, invece, è che abbiamo deciso e scelto, consapevolmente, di subire tutto questo come i corpi in pietra lavica di Pompei, rimasti fermi e intatti, vittime della natura, del tempo, dell’incuria e, come per noi, vittime di se stessi.
Non c’è più storia in queste terre abbandonate, non ci sono fonti da cui attingere per non ripetere errori; nessuno parla, la stampa è bianco su bianco. Niente di ciò che è accaduto in passato ha insegnato ai nostri amministratori che investire in manutenzione e in prevenzione è più economico dell’investire in ricostruzioni, riabilitazioni, ripristino dei luoghi, ricerca di fondi per i risarcimenti, risanamenti,  e di tutta una serie di “ri” del genere. Lungo le nostre strade, già piene di buche e dissestate, abbiamo vere e proprie discariche, lungo gli argini dei fiumi abbiamo erbacce, detriti, tutta roba che –oltre a non dover esserci-  dovrebbe essere rimossa quando insiste. “Ma – dice qualcuno - io li vedo gli addetti ai lavori, in estate, sui bordi delle strade: uno con la zappa piantata nel terreno e il braccio appoggiato su, l’altro di fronte a guardarlo, il terzo mangia il panino e li ascolta parlare, mentre il quarto li aggiorna sull’orario, aspettando  tutti insieme che arrivi il momento di tornare a casa”. Certo, perché manca una cabina di regia, qualcuno che abbia davvero interesse affinché tutto venga svolto con diligenza. No, troppo difficile. L’alternativa è il classico “non ci sono soldi” –uhm e  i fondi derivanti dalle royalties del petrolio? E non ci si nasconda dietro Patti di Stabilità: qui c’è EMERGENZA, c’è un DISASTRO AMBIENTALE.  
La Basilicata fa acqua da tutte le parti. Fa acqua anche sul piano della prevenzione in termini di preparazione a situazioni di tale portata; si provi a chiedere alle unità di Protezione Civile dislocate sul territorio lucano: QUANDO hanno partecipato l’ultima volta ad un’ “esercitazione rischio idraulico”? In che modo – vista l’elevata percentuale di probabilità di allagamenti - sono stati preparati? Ma chiedetelo davvero, non vi fidate ciecamente di quanto scritto qui.
Già. Non fidatevi. Non fidatevi più: chiedete, piuttosto. Gridate, pretendiate: i vostri diritti, il rispetto della vostra terra (da voi stessi, prima che dagli altri), del vostro lavoro, della vostra incolumità. Che vi si ascolti e che vi si faccia parlare. Da ora. Da subito.                                                                                                                  
                                                                                                                             

A Pino,

che la sua morte diventi grido d’allarme

Francesca Avena

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