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Che bello: essere chicchessia e sapere che quando te
ne andrai da questo mondo, ci sarà comunque una comunità intera che per due
giorni pieni, lavorativi o festivi che siano, inaugurerà la sospensione di
giudizio nei tuoi confronti, si fermerà a ricordarti e, se non ti ha mai
conosciuto, almeno a immaginarti. Tutti dovrebbero avere diritto a questo,
persino Priebke: dovrebbe essere sancito dall’ONU e anzi appena ho un momento
faccio una telefonata al palazzo di vetro, sperando che non mi mettano Manu
Chao come musichetta di attesa.
C’è una cosa che però non voglio: il discorso di
commiato del politico democristiano che tiene in pugno Ferrandina con lo stesso
stile di Putin. Si sa che personaggi del genere sono satanici e tra 2040 anni
potrebbero essere ancora vivi e sufficientemente in forze da venire a
sproloquiare durante la messa del mio funerale. Ecco: impeditelo con ogni mezzo,
perché se non lo farete, io verrò a tirarvi i piedi, di notte, come il
Monachicchio.
Non è il modo di far politica di questa gente che
metto in questione, almeno non in questa sede. Ma se quel politico non deve
mettere bocca al mio funerale, c’è una ragione molto precisa: non ha alcun
rispetto dei morti, almeno non in senso ferrandinese, al massimo ce l’ha in
senso bresciano: una mezz’oretta di messa e poi tutti a casa (per la cronaca:
sapete che a Brescia i dodicenni fanno comunione e cresima insieme? Così, per
togliersi l’impiccio. Bello, eh?).
Solo che questo politico non è bresciano: è
ferrandinese, sebbene sia stato così presente sul territorio che ha amministrato
per decenni, da farsi venire l’accento romano - e più precisamente l’accento di
Piazza di Spagna. Infatti, quest’uomo ha mollato le spoglie mortali dei suoi genitori
nella cappella di un suo amico e le ha dimenticate lì. Non aveva una cappella
sua, non aveva nemmeno un loculo per far seppellire i suoi cari e quindi ha
chiesto un temporaneo e gratuito subaffitto al solo uomo che lo ritiene ancora
una brava persona. Per dimostrare che le sue intenzioni erano davvero sincere e
che si sarebbe trattato di una cosa transitoria, ha evitato persino di mettere
una lapide sulla calce che serra nel loculo la bara di sua madre e suo padre,
che da anni se ne stanno lì, seppelliti come due senza famiglia, anzi come due
abusivi, con il nome scritto col pennarello.
Oltre alla pena umana, c’è un dato estetico: quei
loculi da terremotati sono orrendi da vedere. Lo scempio del cimitero di
Ferrandina è già abbastanza insopportabile così: prima che anche i cipressi si
rivoltino, conviene che chi di dovere prenda i dovuti accorgimenti.
La Silicon Valley italiana sa bene da cosa prendere le
distanze e quali tradizioni deve seppellire: il culto dei morti resterà
indefesso, trionfante, alla faccia di chi non ha il tempo per poterselo
permettere. Ma i politicanti borbonici hanno finito il loro tempo: ne siamo
sicuri. Sicurissime. Parola di femmine armate di penna e mattarello.
Simonetta Sciandivasci
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