Musei lucani? Chiedete alla polvere
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NY; Babbà
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Ce
ne sono 6 nel potentino, 3 nel materano. Parliamo di musei archeologici, quelli
che la cultura storica della nostra regione dovrebbe promuovere e su cui
dovrebbe essere impeccabile nella strategia di marketing turistico. Basilicon
Valley si è ripromesso di fare un giro per i musei e capire in che stato
versano. Vi proporremo quindi, nei prossimi giorni, tutto ciò che abbiamo
raccolto in merito. Per adesso, dire che siamo indietro, molto indietro,
rispetto alle altre nazioni del mondo, è dire poco. Non basta esaltarsi quando
girano una puntata di Easydriver lungo le strade della Basilicata. O
quando LineaVerde, la domenica all’ora di pranzo, manda in onda la sagra
del fagiolo di Sarconi o quella del pomodoro di Palazzo San Gervasio o del
caciocavallo podolico e i Sassi di Matera visti dall’ elicottero (“Guarda che
posti che abbiamo, che colori, quanta tradizione!”). Elogiare la nostra
altissima percentuale di beni storico-artistico-culturali e limitare il tutto a
questo vuoto e provinciale pavoneggiarsi, non ci porta da nessuna parte.
C’è
bisogno di svegliarsi: i musei lucani raccontano civiltà preistoriche e
neolitiche, insieme anche a quella greca e quella romana. In pochi sanno,
probabilmente, che lo stato di salute dei musei della nostra regione non ci fa
onore. Parrebbe, per esempio (e di questo vi daremo presto conferma o
smentita), che al Museo Nazionale “Domenico Ridola” di Matera (sì, il museo di
punta della città candidata a Capitale Europea della Cultura 2019), non ci sia
sufficiente moneta per retribuire una normale turnazione di custodi: tocca
spesso ai dipendenti e funzionari fare turni straordinari e, per mera
beneficenza, sostituirli quando sono in ferie. Una condizione inaccettabile.
Ma
le teche sono lì, a raccontarci e ricordarci che la nostra storia è
viva e che neppure i millenni e le intemperie l’hanno spazzata via, che i
nostri antenati sono stati bravi a conservare tutto, proprio tutto, sebbene noi
sembriamo pronti a dimenticarlo.
Vittime
e carnefici, popolo da divano e sudditi dello schermo televisivo. D’altronde
l’abbiamo dimostrato anche con la freschissima elezione del sindaco di New
York: in genere si dice sia preferibile essere cugini alla regina piuttosto che
fratelli del re. Evidentemente tanta scaltrezza i lucani non ce l'hanno, oppure
semplicemente non hanno saputo catalizzare un momento di vanto, occasione più
unica che rara. Stiamo parlando appunto dell'elezione del nuovo sindaco di New
York, Bill De Blasio, nipote di nonno campano e di nonna lucana (precisamente
grassanese). I campani, che con noi lucani spesso condividono malefatte
politiche e cattiva gestione della cosa pubblica, questa volta ci hanno messo
la pietra nel pacco e hanno fatto dell'elezione di Bill motivo di vanto,
orgoglio e babbbbà inzuppati. Noi invece abbiamo assistito dal comodo Chateau
d'ax, telecomando alla mano e schermo piatto come il nostro entusiasmo, alla
notizia dell'elezione. I santagatesi si sono attrezzati di kit elettorali,
magliette, adesivi e si sono riuniti per seguire lo spoglio, con tanto di
fotografo e giornalista a supporto. Sfaccimm!
Francesca
Avena
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