La bambolina che mordeva le chiappe del principe



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Cappuccetto Rosso non sia mai, tutte quelle digestioni. Hansel e Gretel per carità, non si mangiano i bambini. La Bella Addormentata nel bosco, puah, quella rimbambita. Pollicino chi?
Mia nonna si è sempre rifiutata di raccontarmi le favole che ogni bambino ha il diritto/dovere di ascoltare dai tre ai trent'anni. Mi portava sul piazzale davanti casa sua,  a Ferrandina, mi metteva a sedere e mi raccontava storie che ho creduto per molto tempo fossero di invenzione sua e di Michelina, la dirimpettaia in lutto perpetuo per la morte di marito e figlia, della quale conservava una treccia che era - ed è ancora adesso - l'oggetto dei miei incubi peggiori.
Litigavano sempre sull'incipit – che comunque non era mai C'era una volta – , accusandosi reciprocamente di essere troppo vecchie e di aver perduto smalto e memoria. Quella con la dialettica migliore vinceva e aveva diritto di raccontare la favola del giorno, che poi era la maggior parte delle volte la stessa del giorno prima. Io tacevo, rapita e, insieme a me, si zittivano e si imbambolavano anche mio nonno e i maschietti del vicinato che, quando vedevano quelle due insieme, non potevano resistere: si avvicinavano e le ascoltavano.
Da grande, ho scoperto che né mia nonna né Michelina erano le autrici di quei racconti meravigliosi: si trattava delle fiabe popolari di Giambattista Basile, l'imbattutto Omero campano, vissuto a cavallo tra '500 e '600. “Lo cunto de li cunti – intrattenimiento per piccirilli”, che potete e dovete acquistare al prezzo di una cena giappo-cino- thailandese allyoucaneat, raccoglie la maggior parte di queste meraviglie.
Io ve ne racconto una, nella versione riadattata da Madama Anna Olga Mastrondardi, altrimenti nota come mia nonna e Donna Michelina, quella di cui sopra. Mi sembra un ottimo modo per farvi compagnia mentre, intorno a voi, si friggono pettole, si allestiscono alberelli di Natale e si fanno fiumi di carta stagnola per il presepe (fate soprattutto il presepe, vi imploro: va bene anche se usate Barbie e Ken).
Allora.
Una bambina povera passeggiava con la sua mamma povera, quando vide, nella vetrina di un negozio di giocattoli, la bambolina più bella della storia. Aveva un vestitino di seta e tulle, azzurro e turchese, con gli sbuffi e il colletto di pizzo, la faccetta rosa tramonto sul mare e gli occhi di madreperla.
Mamma, ti prego, ti scongiuro, me la compri?”, chiese la bambina povera.
Sei scema? Non abbiamo i soldi per mangiare e tu vuoi una bambola? Che ci facciamo, la colla?!? Non ci pensare nemmeno. Alla tua età io lavoravo, mica giocavo. Non osare frignare o ti manderò a raccogliere il carbone insieme agli orfanelli e poi ti consegnerò al maresciallo”, le fu amorevolmente risposto.
La piccola, che si chiamava Titina, scoppiò in un pianto dirotto, si prese due schiaffi e disse addio alla bambolina. In quel momento, però, si trovò a passare la zia Alfonsa, che era ricca, brutta e zitella. “Perché piangi, Titina?”, le chiese. I bambini, a quel tempo, non godevano di libertà di parola, quindi a rispondere fu la mamma:
Questa ciota (che in meridionalese significa cretina demente, ndr), frigna perché vuole una bambola!”.
La zia Alfonsa, che adorava fingere di essere generosa, si offrì di comprare l'oggetto del desiderio e fu impossibile dissuaderla.
Titina ebbe la sua bambola, ma una volta a casa fu punita con una mezz'oretta di mazzate e spedita a letto senza cena. “Mi hai fatto fare la figura della pezzente con quella ciota fizzosa di tua zia! Quando torna tuo padre glielo dirò e lui ti darà il resto”, le disse la mamma, per augurarle la buonanotte.
Titina e la bambola se ne andarono a letto con la prospettiva di un bel pagliatone.
La Padrona!”, esclamò la bambolina poco prima che la piccola si addormentasse.
Era un giocattolo fatato! Ecco perché quegli occhi madreperla e tutto quel tulle prestigioso!
Che c'é?”, disse Titina, non troppo sbalordita.
Mi scappa la cacca! Posso farla a letto?”.
Falla, falla, non ti preoccupare: tanto domani mi picchiano!”.
E la nanna ebbe inizio.
Il mattino seguente, quando Titina scese dal letto, trovò le lenzuola piene non ci cacca di bambola, bensì di monete d'oro. Tantissime monete d'oro, più di quelle di Danae o di Bettino Craxi.
La mamma di Titina, quando vide la scena, trasecolò, abbracciò per la prima volta in vita sua la figlia e le disse di correre dalla zia Alfonsa per farsi prestare una bilancia con cui pesare tutto quell'oro, raccomandandole di restar vaga sul perché di quel prestito.
Titina non si lavò nemmeno i denti e andò subito dalla zia che, curiosa e sospettosa com'era, prima di darle la bilancia, mise sul piatto un po' di colla in modo che restasse attaccato un po' di quello che le sue parenti avrebbero pesato. E così accadde: la zia Alfonsa, quando si vide restituire la bilancia con una moneta di oro purissimo appiccicata sul piatto, corse a domandare spiegazioni.
La mamma di Titina fu allora costretta a raccontarle la verità e anche a prestare la bambolina alla vecchia zitella, che si preparò ad accogliere quel miracolo nelle sue lenzuola migliori, quelle ricamate del corredo.
La Padrona! - esclamò immancabilmente la bambolina – mi scappa la cacca, la posso fare nel letto?”.
Falla, gioia mia, falla in questo letto!”.
L'indomani, però, la vecchia avidona nelle lenzuola del corredo non trovò nemmeno uno spicciolo, ma solo un sacco di puzzolentissima cacca di bambola. In un impeto di rabbia, raccolse cuscini, lenzuola e bambola e buttò tutto nella villa sotto casa sua.
In quel momento, il principe si era appartato nella stessa villa per fare i suoi bisogni (anche i potenti hanno un intestino) e, non avendo scottex in tasca, si guardò intorno in cerca di qualcosa con cui pulirsi il nobile deretano. Notò la bambolina e il suo meraviglioso vestitino di tulle e non ci pensò due volte: la prese e ci si pulì le chiappe. Ma la giocattolina si ribellò e lo morse, senza più mollare la presa. Così, il povero ma incauto principe, fu costretto a tirarsi su i calzoni e a tornare a casa con una bambolina attaccata al didietro.
Nessuno, a corte, riuscì a staccare la bambolina. Il re, disperato, emanò un proclama in cui invitava tutte le ragazze del regno in età da marito a presentarsi al cospetto suo e di suo figlio: quella di loro che fosse riuscita a staccare la bambolina, avrebbe sposato il principe. Dopo centinaia di tentativi andati a vuoto (tra cui anche quello della zia Alfonsa), fu la volta di Titina, che staccò la bambolina dal culetto del principe con una leggerissima carezza. Nozze immediate e gaudio per tutti.

Bella, eh? Crescetela con queste storie, la vostra prole! 

Simonetta Sciandivasci  


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